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Cenni storici

Scopri la storia di Fabrica di Roma.

Caduti della Prima Guerra Mondiale

Caduti della Prima Guerra Mondiale

In occasione della ricorrenza del centenario dall’inizio di quella immane tragedia che fu la Prima Guerra Mondiale, Fabrica vuole ricordare il prezzo di sangue pagato con la vita di 43 nostri concittadini. Pubblichiamo l’elenco dei caduti durante il conflitto, lista fornitaci dal Sig Arnaldo Ricci che ha portato avanti studi e ricerche sulla guerra e i caduti fabrichesi.

“L’uomo che non ricorda il proprio passato è un uomo senza futuro”

La Famiglia Della Rovere

La famiglia dei Della Rovere rivolse sempre particolare attenzione ai terreni ed alla Comunità di Fabrica. luogo in cui possedeva numerose proprietà’. Lo stesso pontefice Giulio II (1505-1513). membro eminente della casata, in questi tenitori soggiorno’ diverse volte: nel 1505 durante la sua prima visita a Civita Castellana, e di nuovo nel 1506 e nel 1509 nel corso di due viaggi che attraversarono le terre dell’Alto Lazio.

Durante il primo ed il secondo di questi soggiorni. Giulio II fu ospite a Fabrica del cugino, il cardinal Girolamo Basso Della Rovere, che era nipote del defunto pontefice Sisto IV. membro altrettanto famoso di quella stessa famiglia. Il cardinal Girolamo Basso, amava molto questa piccola citta’, dove spesso si tratteneva per lunghi periodi, come testimonia Gaetano Moroni nel suo Dizionario di erudiziene storico-ecclesiastica: “Conviene dire che il luogo fosse delizioso e che il Card. Basso Della Rovere lo frequentasse e vi soggiornasse…”. Qui infatti Egli mori (“e vita migrava m oppulo Fabrice”) solo due anni più tardi, il primo settembre del 1507. Il suo como venne in un secondo tempo trasferito a Roma, nella chiesa di Santa Malia del Popolo, nel monumento sepolcrale progettato da Andrea Sansovìno.

Nel 1506, Giulio II si fermò nuovamente nella zona, accettando ancora l’ospitalità’ del nipote, ma questa volta solo per un incontro brevissimo. Vi tomo poi tre anni più tardi, e si trattenne ancora una volta a Fabrica che festeggiò il suo arrivo offrendo a lui ed al suo seguito, banchetti ed ospitalità’ per la notte.

Trent’anni più tardi, nel 1536. i Della Rovere gestivano ancora diversi interessi e proprietà’ in questo territorio: Lucrezia. vedova di Stefano Colonna, famiglia baronale del feudo di Carbognano. aveva infatti ottenuto in enfiteusi il castello di Fabrica e la tenuta di Falleri dall1 ospedale del Santo Spirito di Roma, che ne era a! momento il legittimo proprietario, pagando per l’affitto annuo 450 ducati. La concessione però nonostante fosse stata fatta ad vitam. durò solo due anni, perché Lucrezia restituì anzitempo il feudo ai padri del Santo Spirito, che nel 1539 lo donarono in modo definitivo alla Reverenda Camera Apostolica,

Nel borgo di Fabrica i Della Rovere edificarono una grande dimora baronale (oggi palazzo Bachettoni). inserita nel lato occidentale delia cinta muraria, rafforzandola con un proprio sistema difensivo. I numerosi stemmi sulla facciata del palazzo e sulla Rocca ricordano la potenza e la presenza di questa famiglia nella cittadina e nel territorio circostante.

Visitatori noti a Fabrica

Numerosi furono i viaggiatori noti che scelsero la piccola città di Fabrica come tappa dei loro percorsi di viaggio. Probabilmente furono la vicinanza con Roma e la posizione intermedia tra le due principali arterie di traffico che si diligevano a Sutri ed a Nepi che fecero di Fabrica un importante punto di passaggio.

GIULIO II
Come testimoniano le notizie contenute nel “De Itineribus Romanorum Pontifìcum” del Gattico, il pontefice Giulio II Della Rovere visitò più volte questi tenitori. Alla fine dell’ agosto del 1505, per esempio, mentre con la scorta di cardinali si dirigeva a nord, si recò a cavallo a Fabrica, e qui si fermò per il pranzo (“equitavit Fabricam ubi fecit prandium”), ospite del cugino, il cardinal Girolamo Basso Della Rovere, che soggiornava in questo luogo piuttosto di frequente. L’abbondanza del cibo e la raffinata tavola imbandita finirono per distogliere il pontefice ed il suo seguito dai doveri religiosi, come riferisce il cronista del viaggio, concludendo con poche brevi parole il resoconto di quella giornata : “… (et) non si andò in chiesa. “(“…in ecclesiam non itum fuit”). Abbandonata la città, verso sera, il corteo riprendeva il proprio cammino verso Viterbo. evitando la via Canepina e diligendosi lungo le numerose colline e montagne che circondano tutta la zona (“…evitata via Canapina at male propter montem continue ascendimus et inde discendimus…”).

BENEDETTO XIII
Nel 1725 Benedetto XIII Orsini si recò a Vignanello. invitato dal Principe Francesco Maria Ruspoli in occasione della festa della SS. Presentazione e del!’ inaugurazione dell’ omonima chiesa. Lasciato Vignanello dopo la conclusione dei festeggiamenti. Benedetto XIII fece una sosta a Fabrica, dove giunse scortato da 150 soldati a “tamburi battenti”, mandati dai principi di Carbognano, Stefano e Giulio Colonna e dove venne organizzato per lui e per il suo seguito un sontuoso banchetto. per raggiungere il Regno di Napoli, si fermarono nei pressi di Fabrica: “…per la qual causa i Priori di Fabrica mandarono cinquanta operai per servire a quelle (truppe), con zappe et vanghe a lavorar nel Passamente di Civita Castellana…” Secondo l’usanza del tempo, nel corso di questo viaggio il papa ricevette numerosi doni ed omaggi di ogni genere dai Tesorieri Generali del Patrimonio, responsabili dell’amministrazione fiscale delle rendite dello Stato pontificio. Benedetto XIII a sua volta, ricambiò le gentilezze e l’ospitalità ricevuta, lasciando alla città di Fabrica. come ricordo del suo passaggio e del suo viaggio, la somma considerevole di 120 scudi d’oro, estremamente necessari alla Comunità che viveva in condizioni economiche precarie .

CARD. G. BATTISTA PALLAVICINI
Nel 1524 il cardinal Giovanni Battista Pallavicmi si fermo’ a soggiornare a Fabrica. poiché1, probabilmente ammalato . sperava di riposarsi e guarire. Il suo però non fu un viaggio fortunato: rimase qui infatti un solo giorno e la notte del 13 agosto, colto da improvvisa quanto inspiegabile malattia, mori, a soli 44 anni, senza che fosse possibile trovare alcun rimedio per salvarlo (“…erumpente rursus morbi violentia”). Fu sepolto a Roma nella Chiesa di S. Maria del Popolo.

CRISTINA DI SVEZIA
Dalla documentazione conservata ne!T Archivio di Stato di Roma sappiamo che anche la famosissima regina Cristina di Svezia, diligendosi a Roma nei 1657. passò nelle vicinanze di Fabrica. Veniamo a conscenza della notizia dalla lista delle spese sostenute dalla Comunità di Fabrica. che in quell’ anno registra la somma di 4.50 scudi pagati come “…tassa per il passagio della Regina di Svezia e allogio per li soldati…” da versare allo Stato Di Ronciglione come rimborso delle spese anticipate.

LE TRUPPE DEL 1709
I numerosi passaggi di truppe che spesso, durante i periodi di guerra, sconvolgevano il territorio, lasciavano quasi sempre una lunga lista di danni da pagare a discapito delle piccole comunità del territorio. Riportiamo qui un solo esempio, relativo al 1709 e riferito al viaggio delle truppe Alemanne che. dirigendosi verso Civita Castellana.per raggiungere il Regno di Napoli, si fermarono nei pressi di Fabrica: “…per la qual causa i Priori di Fabrica mandarono cinquanta operai per servire a quelle (truppe), con zappe et vanghe a lavorar nel Passamente di Civita Castellana…”

Il borgo di Fabrica tra 700 e 900

Le descrizioni del territorio e della città di Fabrica, selezionate in anni diversi ira ‘700 e ‘900, mettono in evidenza alcune particolari ed interessanti differenze, utili per comprendere, nel corso degli anni, trasformazioni economiche e sociali, in questa sede appena evidenziate:

1778-88 – A.8.R.. S. GONG. BUON GOV. S. IX, – b.34
“Fabrica anime 1480. quarta per popolazione ira le dieci comunità dello Stato di Ronciglione. Dopo Ronciglione (4658) Caprarola (3071) Canepina (1895).

1810 – A.S.R., S. CONG. BUON GOV. . S. IX. – b.34
Comune di Fabrica con una sola parrocchia. Popolazione della Parrocchia anime 1202. Rendita netta scudi 69.14.

1840 – G. Moroni, Dizionario di erudiziene storico ecclesiastica. Venezia 1840. – Vol.10Lp.60
“… Comune della Diocesi di Civita Castellana, con territorio piano, é un paese di piacevoli porticati in temperato clima e buon’aria….. La statistica registra 395 case , 401 famiglie , 1755 abitanti de’quali stanziano in campagna 24. Il Card. Antonio Tosi é protettore del Comune . A 20 giugno principia la fiera e si protrae per otto giorni. Ferace di tutto il suo territorio i cui più abondanti prodotti sono grano, olio, vino, ghiande e fieno…..”

1894 – E. Abate, Provincia di Roma. Roma 1894.Vol.n, p.88
“Fabbrica 105 metri. Locanda di Vincenzo Stefanucci . Mandamento di Civita Castellana (km.12).Circondario di Viterbo (km.25). Ufficio postale e telegrafico. Stazione ferroviaria di Civita Castellana con servizio giornaliero di vetture. Abitanti 2270. Non si conosce esattamente l’origine del Comune . Fece parte della Contea di Ronciglione, appartenne al Farnese di cui esiste ancora la Rocca o Palazzo baronale, con torre altissima. Nel Duomo vi sono affreschi interessanti…. Il territorio del Comune, abondantissimo d’acqua, é fertile; produce grano, cereali e soprattutto castagne, nocciuole e fagiuoli. Le nocciuole rinomatissime , si esportano anche all’estero. Vi sono varie piccole sorgenti d’acqua ferruginose-solforose…..”

1923. – Guida di Roma e del Lazio. Touring club, voi. IL 1923
“…Fabrica dì Roma. m. 296. abitanti 2255-2695. povero paese, che fu dei Farnese di cui resta la rocca con un’ alta torre. La Collegiata ha nella facci ara un portale rinascimentale e un occhio e incorporato i! campanile romanico cuspidato e nell’interno dell’abside…. buoni affreschi del ‘400…..”

1982 – G. Bianchini. Fabrica di Roma dai Falisci ad oggi. Viterbo 1982. p.15
“Fabrica di Roma è un ridente paese agricola-industriale posto a sud-est dei monti Cimini. nelle vicinanze del lago di Vico….”.

Le botteghe di Fabrica

L’economia del borgo di Fabrica doveva essere piuttosto solida sia nel Medioevo che in Età Moderna. Nonostante i membri della Comunità lamentino spesso, attraverso la documentazione antica conservata, la povertà e la ristrettezza del luogo, esaminando più a fondo le relazioni rilasciate dai Priori nei decreti del Consiglio del XYI-XVHI secolo, emerge 1′ immagine di una Comunità ben organizzata e ricca di piccole botteghe.

Tra i 1651 e il 1652 per esempio vennero effettuati dei lavori alla “Pizzicaria” e fu restaurata la bilancia della bottega. Nel 1654-55, il “barbiere” che svolgeva probabilmente anche funzioni di medico, comprò poco meno di uno scudo di mattoni per restaurare la propria casa. In quello stesso anno, grazie alla lista delle spese sostenute dalla Comunità, sappiamo che vi era un “chiavaro” chiamato ad accomodare la cassetta degli attrezzi del chirurgo. Tre anni più tardi vengono effettuati lavori al “macello”, mentre già dalla metà del secolo funzionano in Fabrica le “Prigioni Nuove”.

Risultano inoltre una “ciambelleria”, un “forno”, un’ immancabile “hostaria” e persino un “maestro di scuola”, che esercitava nel Palazzo Priorale e che , almeno per un certo periodo, fu anche “l’organista” della Comunità, Tra le altre spese Fabrica deve poi pagare annualmente un “predicatore”, un “tamburino” ed un “pifferaio” per le feste, oltre al “bargello” che esercitava funzioni giudiziarie. La folta e boscosa macchia circostante, richiedeva inoltre la presenza di un uomo che esecitasse un mestiere piuttosto pericoloso: il “luparo”. Dal 1655 in poi risultano pagamenti cadenzati a questo luparo che uccideva fra i due e i quattro lupi 1′ anno, ricevendo mezzo scudo per ogni preda e qualcosa di più per una lupa femmina. Il 27 agosto del 1655, per esempio, il luparo riceve “….sc. 0,50 per havere amazato un lupastro…”. Alcuni anni più tardi, nel 1708. si registra ancora nella comunità la presenza di “una compagnia di soldati a piedi ma non a cavallo…”, sebbene, nonostante le continue proteste, Fabrica continuasse a pagare le tasse per ambedue le sue compagnie, almeno sino al 1711.

LISTA DI BOTTEGHE ESISTENTI A FABRICA (1650-1570)
Ciambellaria – Forno – Hostaria – Macello

PRODUZIONE AGRICOLA (sec. XVI-XVII)
Spiche (spighe) – Erbe da prato – Giande (ghiande) – Frutto d’ oliva

Fabrica e il S. Spirito

L’ ospedale del S. Spirito in Sassia. fondato a Roma da Innocenzo III (1198-1216), divenne proprietario del territorio e del castello di Fabrica per la prima volta, il 27 dicembre del 1367. L’atto notarile, conservato nell’Archivio Vaticano, testimonia infarti il passaggio dì proprietà di questo castello (“…integrum castrum Fabricae,,.”), concesso all’ospedale dai Signori Raynaldo e Giordano Orsini che lo avevano probabilmente ricevuto dai Prefetti di Vieo, nella prima metà di quello stesso secolo. Questo documento indica anche i confini che delimitavano il territorio di Fabrica, definito come appartenente al “districtum Collinae”. Questo distretto, detto appunto “Collina”, comprendeva nell’ Alto Medioevo la zona compresa fra Viterbo, Caprarola, Ronciglione e Vico, sino alla Val Tiberina ed era una delle sette province che formavano il Patrimonio di S. Pietro.

Per ottenere il castello di Fabrica i religiosi del S. Spirito avevano ceduto agli Orsini la rocca di Torre Astura che avevano a loro volta ottenuto dai Colonna nel 1355; probabilmente dimostrando scarso interesse per una proprietà direttamente inserita nel sistema difensivo costiero, troppo lontana dagli altri possedimenti dell’ospedale. Oltre a Fabrica il S. Spirito aveva ottenuto anche Castiglione. Nel 1369, tuttavia, il passaggio di proprietà non era ancora avvenuto se Egidio de Horto, precettore dell’ordine di S. Spirito, doveva confermare la cessione di quest’ ultimo castello per ottenere il definitivo possesso di Fabrica. In quegli anni la violenza delle famiglie locali e l’arroganza dei potenti Baroni Romani, rendeva insicuro il territorio, continuamente sottoposto a contrasti violentissimi. Non a caso, dopo la ribellione dei Prefetti di Vico che aveva messo a ferro e fuoco tutta la Tuscia, il S. Spirito perdeva la proprietà di Fabrica. conquistata da uno dei membri più importanti di quella famiglia.

Nel 1377, tuttavia, in seguito ali’ atto di sottomissione al governo di Roma. Fabrica tornò a far parte delle proprietà dell’ospedale, sotto cui rimase, tra alterne vicende, per circa cinquant’anni. Nel 1431 la famiglia dei Di Vico tornò a far sentire la sua presenza sul territorio, avviando una nuova ribellione che cominciò proprio con la conquista del castello di Fabrica. Diligendosi poi verso Nepi. i Di Vico raggiunsero Antonio Colonna, loro alleato e nemico del papa. Ma Eugenio IV Conduller (1431-1447). che aveva affidato il comando delle truppe ad un uomo molto esperto, Niccolo Fortebraccio, trattata una tregua con i Colonna, attaccava in forze Giacomo di Vico. rimasto solo e senza più alleati. Il Fortebraccio, riconquistati i territori occupati: Caprarola, Vignanello.

Vallerano e Fabrica, li riconsegnava ai pontefice. Eugenio IV confermò allora di nuovo la donazione di Fabrica al S. Spirito . Ma nel 1549 una nuova ribellione colpiva il territorio intomo a Fabrica. questa volta per colpa della potente famiglia degli Anguillara: nonostante avesse stabilito una tregua con il neoletto pontefice. Pio II Piccolomini (1458-1464), Everso degli Anguillara continuava infatti a tenere in agitazione tutto il Patrimonio. Organizzato un complotto a Vetralla, Everso veniva sconfitto dall’ esercito organizzato dal Commendatore del S. Spirito, che aveva armato le genti dei suoi domini: Fabrica, Vignanello e Vallerano . e si era diretto alla conquista dei castelli perduti. Da allora Fabrica rimase nelle mani del S. Spirito ininterrottamente sino al 1536. dopo aver ottenuto una ulteriore conferma delle proprietà già nel 1479. Nel 1536 l’ospedale concludeva l’atto di enfiteusi della “…terce Fabrice et tenute Faleresi…” alla signora Lucrezia della Rovere, per la somma di 450 ducati annui.

Nel 1538, tuttavia, il S. Spirito entrò nuovamente in possesso di questi beni che l’anno successivo con autorizzazione di Paolo III Farnese (1534-1549) cedette alla Reverenda Camera Apostolica, ottenendo in cambio le tenute di Statua, Tomboleto e Palidoro, perdendo definitivamente ogni diritto su Fabrica ed il suo castello.

LE PROPRIETA’ DEL S. SPIRITO
Nel!’ Alto Medioevo, ma anche in epoca successiva, i più importanti monasteri, le confraternite e gli ospedali romani erano i grandi proprietari delle tenute della campagna dello Stato Pontificio. Una volta ottenuti beni immobili per concessione feudale o pontificia, ma spesso anche per diretto ius ereditario dalle più potenti famiglie del territorio, questi enti si comportavano come veri e propri signori locali, gestendo tenute e terreni da cui ottenevano importanti vantaggi economici. Fabrica rientrava in questo tipo di proprietà. Gestita dal S. Spirito, per più di due secoli, univa alla vantaggiosa posizione molto vicina a Roma ed alle due direttrici viarie che conducevano a Viterbo, un territorio piuttosto fertile, ricco di ghiande, fieno e di molto legname.

I PRECETTORI DEL S. SPIRITO E FABRICA
Tra i nomi più noti dei Commendatori del S. Spirito che gestirono la proprietà di Fabrica e gli altri tenitori dell’Ospedale vi furono:
Egidio de Horto. governò l’Ospedale per circa trent’anni, e permutò la Rocca di Castiglione con il castello di Fabrica.
Gabriele di Sales, prima come Camerlengo poi come Commendatore governò le terre di Corchiano, Fabrica e Vallerano.
Francesco de Landis, al suo tempo le proprietà ebbero molte difficoltà perché Paolo III unì allo Stato di Ronciglione i castelli di Borgo S. Leonardo. S. Elia, Corchiano, Vignanelio. Fabrica, Carbognano e l’intero territorio dell’Abbazia Fallerense.
Pietro Matteo De Capoccini, governo’ a lungo il Santo Spirilo e restaurò le rocche nelle proprietà’ dell’Ospedale.

I Torresani pittori a Fabrica

I Torresani. originali di Verona, furono particoiarmente attivi nella zona dell’Alto Lazio, dove, intorno alla metà del XVI sec., realizzarono numerose opere con soggetti sacri. Particoiarmente degni di rilievo sono, ad esempio, gli affreschi conservati nel Palazzo Priorale di Narni. Come ha dimostrato Cesare Verarii nel piccolo volume relativo in modo specifico all’opera dei Torresani nella Comunità’ di Fabrica, i loro affreschi appaiono caratterizzati da un manierismo molto tipico, comunemente definito “provinciale”. Membri di un’intera famiglia di pittori, uniscono al gusto semplice delle decorazioni realizzate una vasta gamma di colori spesso in netto contrasto che dona movimento e luminosità alle fiaure.

La Chiesa di S. Maria della Pietà

Questa chiesa di origine molto antica nacque intorno a un’edicola raffigurante la Vergine col Bambino risalente probabilmente al tardo ‘400, epoca in cui proliferavano le immagine sacre dedicate soprattutto a Maria, utilizzate lungo i percorsi viari a protezione dei viandanti. Fu nel XVI secolo tra le più importanti chiese di Fabrica. La chiesa ha un impianto ottagonale che doveva essere coperto da una cupola (mai realizzata) e un corpo longitudinale che ne costituisce la navata. La tipologia dell’ottagono richiama, anche nelle dimensioni, le architetture locali realizzate da Antonio da Sangallo il giovane soprattutto a Montefìascone.

Nella metà del ‘500 venne affidata ai padri dell’ordine di S. Agostino, che vi rimasero per oltre cento anni. Vi risiedevano ancora nel 1660, come risulta dalla lista dei lavori predisposti per consolidare il tetto, le celle dei frati ed una piccola cappella, forse dedicata a S. Lorenzo. Dopo questa data, per volere del pontefice, i padri agostiniani furono costretti ad abbandonare il convento, già a quell’epoca piuttosto malconcio. Vi ritornarono circa quindici anni più tardi, tra il 1675 ed il 1676: “…a richiesta del popolo con obligandosi di far la comodità per sei religiosi, onde se resolsero de gettare a terra quattro stanzette….”.

Nel 1560 erano stati commissionati a Bartolomeo ed Alessandro Torresani gli affreschi delle cappelle a nicchia della navata e della tribuna ottogonale, come pure la decorazione a grottesche e le scenette di genere che si trovano intomo a queste medesime piccole cappelle.

Le condizioni della Chiesa, in questa data, dovevano essere ancora piuttosto precarie: dal 1554 in poi. cominciano infatti una lunga serie di riparazioni che riguardano tutta la struttura, a cominciare dalle mura “che ruinano… “, per passare alle fondamenta “…che si putrefano…” ed al tetto “…che vi piove dentro,(et) non si può nemeno celebrar et tutto l’edificio ruina…”, motivo che spinge la Comunità a mettere in salvo almeno il fonte battesimale, trasportandolo nella chiesa di S. Silvestro. I lavori continuano ad essere piuttosto frequenti per tutto il corso del XVI e XVII secolo, e si concentrano attorno agli anni Sessanta del ‘600. periodo in cui risultano 35 scudi spesi per muratori e falegnami e poco meno di uno scudo “…per l’eremita della Madonna che viveva nei pressi del Convento”.

Ma la testimonianza più interessante proviene da un interrogatorio fatto a Sigismondo Iannone, curato del luogo, che il 2 settembre del 1666, chiamato a testimoniare dal Commissario Apostolico, deve giustificare la Comunità per lavori effettuati senza licenza.

La prassi amministrativa prevedeva infatti che le comunità che facevano parte del Patrimonio di S. Pietro, parte dello Stato Pontificio, non potessero effettuare lavori sui propri beni immobili senza il permesso dell’organo centrale a questo compito predisposto: la Sacra Congregazione del Buon Governo. Fabrica aveva invece realizzato alcune sistemazioni senza aspettare la licenza necessaria che tardava troppo ad arrivare. La testimonianza di Sigismondo lannone, rilasciata alla metà del ‘600, sottolinea l’importanza della Chiesa di S. Maria della Pietà, luogo di culto anche per le comunità vicine:

…minacciando ruina la chiesa della Madonna della Pietà e fattasi piùvolte istanza a questa comunità che ci remediasse… Mons. vescovo diocesano Altini interdisse la suddetta chiesa e non celebrandosi i divini offici era di molto danno alla salvezza dell’anima di questo popolo onde la Comunità se redusse a resarcirla…. é stato il sudetto resarcimento di somma utilità a questa terra et popolo il quale il più delle volte perdeva la Messa per ritrovarsi quivi pochissime chiese… et vedendo che li denari delli offitiali della Comunità si pagavano con ogni lentezza. Circa la Croce d’argento che essa Comunità ha fatto alla nostra Sacrestia et clero non posso dire che bene perché non ci erca croce et è decoro di questa terra che il clero nelle funzioni vada con una croce d’argento “. Nel 1713 viene di nuovo registrata la necessità di restaurare il tetto e le due vetrate della chiesa già sistemata più volte in precedenza, ma fatte “…senza telaio et perciò se sono tutte rotte et minacciano ruina…”.

La facciata presenta un intervento al tempo di papa Benedetto XIII come testimoniato dall’arma del pontefice in stucco realizzata al centro del timpano. Nel 1785 gli agostiniani lasciavano definitivamente la chiesa, appare infatti evidente che sono ormai divenuti un peso per la Comunità, perché “…non amministrano i sacramentiet non aiutano nelle opere parrocchiali…”

I TORRESANI, PITTORI A FABRICA
Dopo aver realizzato gli affreschi di S. Silvestro, Bartolomeo ed Alessandro Torresani vennero incaricati di realizzare la navata e la tribuna ottagonale di questa chiesa. Ormai alterati da mani diverse questi lavori rappresentano scene di carattere religioso, relative alla vita della Vergine (prima nicchia a sinistra della tribuna), ed ai Santi Andrea, Antonio Abate. Michele Arcangelo ed altri (seconda nicchia a sinistra).
Degli stessi autori sono la decorazione a grottesche e le scene di genere che contornano le nicchie. Da ricordare anche i numerosi lavori realizzati dai due pittori nella vicina chiesa di S. Egidio a Cerchiano.

La Chiesa di S. Sebastiano

La piccola chiesa di S, Sebastiano, costruita e dipinta al suo intemo per la devozione al Santo che il popolo chiamava S. Bastiano, si presentava all’inizio del ‘700 piuttosto malridotta. Nonostante nel 1689 avesse subito un approfondito intervento di restauro, solo dodici anni più tardi aveva già evidente bisogno di nuovi lavori, come appare sia dalla testimonianza del curato che da quella dei membri del Consiglio comunale. Il “riattamento” della chiesa, ossia la sua sistemazione, doveva essere realizzata in gran fretta “…perché le pitture dell’aitare non hanno più le sue forme, essendo penetrata l’acqua nella tribuna…” come dimostra la relazione inviata alla S. Congregazione del Buon Governo. Le pioggie rovinavano di continuo l’interno dell’edificio, le mura e le pitture: “…il muro ove erano state dipinte fin dall’anno 1478, per un voto fatto dal popolo a S. Bastiono,.. ”

La Chiesa di S. Silvestro

La prima notizia che si ha di questa chiesa risale al 1177. il suo complesso però doveva esistere già da prima se in quell’anno viene chiaramente inserito nelle proprietà del monastero di S. Elia che elenca “S.Silvestri in castrum Fabricae” tra gli altri suoi beni. Ricostruire la storia dell’edificio è tuttavia un compito arduo, per la frammentarietà delle notizie: direttamente inserita nel sistema difensivo del Borgo, questa chiesa dovette essere poco utilizzata tra la fine del XIII ed il XIV secolo. Nel ‘400 però doveva essere stata ampliata e ripristinata al culto, ed era divenuta la Chiesa parrocchiale di Fabrica. come testimoniano le concessioni di indulgenza rilasciate da Alessandro VI Borgia.

Negli anni Settanta del ‘500 uno dei visitatori apostolici incaricati di descriverne le condizioni generali la definisce ”ampla et nova “, a testimonianza di una serie di continui e progressivi lavori che dureranno fino a tutto il secolo seguente, nonostante le continue difficoltà economiche della Comunità. Nel 1655, per esempio, vengono cominciati i lavori al mattonato, ma due anni più tardi risulta evidente dalla visita di un perito che la situazione va ancora aggravandosi: “…ho retrovato che non solo il campanile ma anche il tetto… minaccia ruina et ha necessità de far presto reparo…” . In quegli stessi anni era anche stato “nettato et raggiustato” l’organo.

Nel 1661 però una nuova serie di problemi colpisce la chiesa: “…sendosi rotta una delle (due) campane …fu resoluto nel Consiglio Pubblico la permuta della rotta con una nuova… “. Trasportata a Roma per essere aggiustata o nuovamente fusa, dopo cinque mesi la campana ancora non era tornata al suo posto e la chiesa ,”se retrova senza una campana et per sonare a doppio é necessario di far sonare le tre campane esistenti nell’oratorio di S.Caterina , per il passato chiesa parrocchiale della medesima terra…”.

Nella seconda metà del XVII secolo si procede alla sistemazione di uno dei casali attigui alla chiesa, che veniva utilizzato ,”…per scuola et habitatione del nostro cancelliere et maestro… sotto(vi sono) i granai… et quella casa che prima serviva per scuola ora serve per il medico…” .All’intemo è necessario “…foritficare la tribuna … per l’imminente pericolo di cadere stante le molte crepature che si dilatano et fanno maggiori particolarmente in questi temporali cattivi… et(é) in pericolo di cadere…ancora il maggior corpo della chiesa”. Solo alla fine del secolo verranno realizzati interventi decisivi e di consilidamento , finché nel 1703 si decide anche “…il risarcimento del campanile et confezzione della balaustrata avanti l’altar maggiore…”.

Al problema della mancanza dei fondi si aggiunge quello dei lavori fatti troppo in fretta o non portati a buon fine se solo tre anni più tardi si legge nei documenti: “….non essendo stata fatta ad uso d’arte (la balaustra) si agita contro il capomastro perché venga obbligato a rifare il lavoro…” La chiesa di S.Silvestro era molto importante per la popolazione di Fabrica e dei paesi limitrofi e non poteva essere agibile, poiché: “…questo povero populo pativa non havendo dove sentir la messa …” , ma appena terminato il restauro , molti dei lavori dovettero essere ricominciati. Sono infatti dell’inizio del ‘700 i danni causati dalla caduta di un fulmine di particolare violenza che danneggiava il tetto ed il campanile della chiesa.

“Ieri mi pollai a riconoscere il ponte di Rio Fratta, quale ha necessità secondo…ho creduto notare… per riparo dal pericolo in si passa tanto per entrar che per uscir da detto ponte dalla parte di Gallese, strada frequentata da mulattieri vinadanti sedie et carrozze… per esser pericolosa di giorno et pegio di notte perche la strada è angusta e si sta in mezo al pencolo… da una parte la ripa del fiume dall’altra il fosso… La sacra congregazione delle acque nel 1746 lo riattò ma perché il fiume arrivava all’ali del ponte non potè ripigliare il muragliene… et presentemente poi farsi per essersi di nuovo ritirato il fiume… sarebbe necessario slargare la strada per palmi sei… in detto muragliene vi è nato un albero di fico… et è necessario levarlo e (tagliare) vari alberi et virgulti nati nelle mura del ponte et cavarli dalle radiche perché col tempo poi causar qualche apertura… che presentemente il pontesta bene…”

I TORRESANI, PITTORI A FABRICA
Nella chiesa di S. Silvestre Bartolomeo e Lorenzo Torresani affrescarono il catino absidale: sullo sfondo di un cielo azzurro cupo, sparso di stelle d’oro, il Cristo, raffigurato nell’atto di benedire, è contornato da una corte di angeli di grande effetto scenografico dai colori molto accesi. Nel tamburo sottostante sono rappresentate : l’Ultima Cena, con uno sfondo di quinte architettoniche perfettamente costruite, la Crocefissione e la Flagellazione. Gli affreschi riportano inoltre la data dell’esecuzione de! ciclo pittorico, realizzato nel 1556.

Ancora di mano di due pittori la decorazione a grottesche e Se piccole scene di argomento pastorale e biblico, poste lungo il sottarco absidale e sulle paraste. Erroneamente attribuiti agli Zuccari, questi affreschi vennero restaurati nel 1955. Il lavoro realizzato a S. Silvestre, di cui si segnala ancora l’opera di .Alessandro nel lacunoso e rovinato affresco posto nella nicchia sinistra de! presbiterio, dovette avere molto successo. Di li a poco infatti i Torressani furono chiamati anche a realizzare la decorazione pittorica delle cappelle e nicchie di S. Maria della pietà.

Ultima modifica: mercoledì, 20 dicembre 2023

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